Prodotto nel 2003 e diretto dal famoso regista milanese Marco Tullio Giordana, La meglio gioventù è un film a puntate che racconta ben trentasette anni di storia italiana, dall'estate del 1966 alla primavera del 2003, soffermandosi sulle vicende di una famiglia della borghesia romana.
La storia
La meglio gioventù può essere intesa come una saga familiare. Durante trentasette anni si dipana la storia di una famiglia romana ed in particolare di due fratelli, Matteo (Alessio Boni) e Nicola (Luigi Lo Cascio).
Durante tutto il film il regista si concentra sulla vita pubblica e privata dei due protagonisti, analizzando e raccontando ogni aspetto e particolare della loro vita, dalla giovinezza all'adolescenza, fino all'età adulta. Durante il racconto della loro cita non mancano gli spunti per approfondire capitoli importanti della storia moderna italiana. La vita dei fratelli passa infatti dall'alluvione di Firenze del 4 novembre 1966 agli anni '80 e '90, tra contestazioni e controcultura, fino alle proteste politiche e alle guerriglie urbane tra studenti e polizia.
I temi
Tra i temi più importanti presenti nel film vi sono l'interazione tra la sfera personale e quella politica, l'analisi storica dettagliata dei periodi storici e il tema del bivio, ovvero tutti quelli eventi che, anche in maniera lieve, possono modificare il corso della nostra vita e pertanto condizionare il nostro futuro.
domenica 13 ottobre 2019
venerdì 11 ottobre 2019
DIVERSITA' E UNITA' DELLA SPECIE UMANA (Antropologia)
Una grande varietà di aspetti, lingue e culture...
Nonostante l'intensità crescente dei contatti tra le popolazioni del pianeta, la varietà che caratterizza l'umanità attuale resta assai grande. Questa varietà si può manifestare a più livelli:
- sul piano fisico (statura, colore della pelle, degli occhi...);
- sul piano linguistico (almeno cinquemila lingue parlate attualmente nel mondo);
- sul piano culturale (grande varietà di idee e comportamenti);
Alla base di tutta questa varietà abbiamo però un elemento di forte unità. Secondo lo scienziato francese Georges-Louis Leclerc de Buffon (1707-1788) infatti, tutti i gruppi umani fanno parte di un'unica specie.
Nella seconda metà dell'Ottocento gli antropologi dimostrarono che tutti i gruppi umani sono capaci di produrre cultura, mentre nello stesso periodo i linguisti conclusero che le lingue parlate dalle diverse popolazioni del pianeta possiedono strutture interne ugualmente complesse.
L'aspetto fisico e il DNA
Quelle che sembrano essere a prima vista le differenze maggiori tra i diversi soggetti umani, cioè le diversità di aspetto, sono, in realtà, proprio quelle più superficiali. Le ossa di un individuo, se studiate e analizzate, ci potranno rivelare il sesso, l'età le malattie contratte in vita del soggetto, ma non ci potrà mai dire se il soggetto fosse stato un nero o un bianco, se avesse avuto capelli scuri oppure biondi.
L'unico tipo di analisi che possa dire oggi qualcosa di scientificamente valido sulle differenze tra i gruppi umani è quella che si fonda sull'esame del codice genetico (DNA), e dei suoi componenti di base, i geni.
I geni sono i portatori delle "informazioni" che sono alla base dello sviluppo del nostro organismo e che si trasmettono, pur con delle variazioni significative, da una generazione all'altra.
Le origini dell'uomo "moderno", ovvero l'Homo sapiens sapiens, non risalgono a un'epoca anteriore ai 50.000-100.000 anni fa.
Fu in quell'arco di tempo che la nostra specie assunse caratteristiche simili a quelle attuali: statura alta, cervello voluminoso, pieno sviluppo delle abilità manuali.
I nostri diretti antenati, originari dell'Africa orientale, dapprima si diffusero in tutto il continente africano, poi si spinsero nel Vicino Oriente, da dove popolarono l'Asia e l'Europa. Dall'Asia sud-orientale raggiunsero la Nuova Guinea e l'Australia (navigazione), mentre la glaciazione di 20.000 anni fa facilitò il passaggio, attraverso lo stretto di Bering, dalla Siberia all'Alaska e da lì alle Americhe.
Distanza e vicinanza genetica
Un'altra conferma che proviene dalle ricerche genetiche è che sul piano genetico due individui ritenuti normalmente appartenenti allo stesso gruppo (due bianchi, due neri...), presentano differenze genetiche statisticamente superiori a quelle analizzabili tra due altri individui scelti a caso.
Perché accade ciò? La ragione è che vi sono alcuni elementi del DNA che sono più antichi degli altri. E che questi elementi si sono sparpagliati in seguito alle migrazioni più antiche.
C'è sempre insomma, la possibilità che ciascuno di noi possa assomigliare, sul piano genetico e non per aspetto, più ad un indigeno della Nuova Guinea che al suo compagno di banco.
Le razze umane quindi non esistono...
Queste scoperte confermano che non è possibile parlare di "razze umane". Gli studiosi hanno d'altra parte già dimostrato che non si può, nel caso degli esseri umani, parlare di razze come nel caso dei cani oppure di cavalli. Nell'uomo infatti non esiste alcun criterio che consenta di individuare delle razze sulla base di criteri scientifici.
Ma perché quindi non esistono razze umane? Semplicemente perché le razze che conosciamo (canine, bovine, equine...) altro non sono che il frutto di una selezione operata dagli esseri umani su certi animali per ottenerne determinati vantaggi: cani più robusti, cavalli più agili...
Ma nella specie umana tutto questo non è accaduto, sebbene l'idea di creare una razza superiore facendo accoppiare individui con determinate caratteristiche sia stata il sogno di molti scienziati nazisti tra il 1930 e il 1945.
sabato 5 ottobre 2019
LA TEORIA SESSUALE E LO STUDIO DELLE NEVROSI (Psicologia)
Il bambino e la sessualità
Nei Tre saggi sulla teoria sessuale (1905), Freud espone la sua concezione della sessualità infantile e dello sviluppo individuale. Tale concezione suscitò scandalo ed indignazione nella società, poiché Freud ipotizzava la presenza nel bambino di un'energia sessuale fin dalla nascita. La sessualità infantile non coincide infatti con la genitalità, cioè con la consapevolezza della funzione genitale del proprio corpo, ma si tratta di una ricerca del piacere che coinvolge diverse parti del corpo ed è collegata ai principali bisogni fisiologici dell'individuo.
Le fasi della sessualità
L'energia libidica, cioè l'energia psichica legata alle pulsioni sessuali, investe una serie di funzioni biologiche e comportamenti che provocano piacere e attenuano lo stato di eccitazione.
Nella fase orale, la zona erogena è principalmente la bocca, e le attività che provocano piacere sono relative alla suzione;
Nella fase anale, la libido si concentra nella zona intorno all'ano e trova soddisfazione nelle attività di espellere e trattenere;
La fase fallica si impernia sulle differenze tra maschio e femmina e la ricerca del piacere avviene con le prima attività di manipolazione dei genitali. E' in questa fase che si sviluppano il complesso edipico, cioè l'attrazione da parte del maschio o della femmina per il genitore del sesso opposto, il complesso di castrazione e l'invidia del pene.
Successivamente i bambini attraversano un periodo di latenza in cui le vicende psicologiche infantili vengono rimosse, gli impulsi sessuali sembrano assopirsi e l'evoluzione della sessualità subisce un arresto.
Regressione, fissazione e perversione...
Il passaggio da una fase all'altra comporta una maturazione che implica sia aspetti biologici sia aspetti psicologici. Ma tale passaggio può non verificarsi in modo completo, oppure possono esserci delle regressioni a delle fasi precedenti. Infatti in alcuni casi il soggetto può non aver trovato la dovuta soddisfazione in uno dei precedenti stadi, e quindi regredisce a tale stadio per ottenere la soddisfazione mancante. In altri casi invece il soggetto è talmente appagato da un dato stadio da rimanere fissato in esso.
Secondo Freud, regressione e fissazione spiegano il fenomeno delle perversioni sessuali, cioè comportamenti che realizzano il piacere secondo modalità non accettate socialmente. Esse sono l'esibizionismo sessuale, ma anche il sadismo, il feticismo e il masochismo.
Nei Tre saggi sulla teoria sessuale (1905), Freud espone la sua concezione della sessualità infantile e dello sviluppo individuale. Tale concezione suscitò scandalo ed indignazione nella società, poiché Freud ipotizzava la presenza nel bambino di un'energia sessuale fin dalla nascita. La sessualità infantile non coincide infatti con la genitalità, cioè con la consapevolezza della funzione genitale del proprio corpo, ma si tratta di una ricerca del piacere che coinvolge diverse parti del corpo ed è collegata ai principali bisogni fisiologici dell'individuo.
Le fasi della sessualità
L'energia libidica, cioè l'energia psichica legata alle pulsioni sessuali, investe una serie di funzioni biologiche e comportamenti che provocano piacere e attenuano lo stato di eccitazione.
Nella fase orale, la zona erogena è principalmente la bocca, e le attività che provocano piacere sono relative alla suzione;
Nella fase anale, la libido si concentra nella zona intorno all'ano e trova soddisfazione nelle attività di espellere e trattenere;
La fase fallica si impernia sulle differenze tra maschio e femmina e la ricerca del piacere avviene con le prima attività di manipolazione dei genitali. E' in questa fase che si sviluppano il complesso edipico, cioè l'attrazione da parte del maschio o della femmina per il genitore del sesso opposto, il complesso di castrazione e l'invidia del pene.
Successivamente i bambini attraversano un periodo di latenza in cui le vicende psicologiche infantili vengono rimosse, gli impulsi sessuali sembrano assopirsi e l'evoluzione della sessualità subisce un arresto.
Regressione, fissazione e perversione...
Il passaggio da una fase all'altra comporta una maturazione che implica sia aspetti biologici sia aspetti psicologici. Ma tale passaggio può non verificarsi in modo completo, oppure possono esserci delle regressioni a delle fasi precedenti. Infatti in alcuni casi il soggetto può non aver trovato la dovuta soddisfazione in uno dei precedenti stadi, e quindi regredisce a tale stadio per ottenere la soddisfazione mancante. In altri casi invece il soggetto è talmente appagato da un dato stadio da rimanere fissato in esso.
Secondo Freud, regressione e fissazione spiegano il fenomeno delle perversioni sessuali, cioè comportamenti che realizzano il piacere secondo modalità non accettate socialmente. Esse sono l'esibizionismo sessuale, ma anche il sadismo, il feticismo e il masochismo.
SVILUPPO E PSICOANALISI: LA VISIONE DI SIGMUND FREUD (Psicologia)
Psicoanalisi e società (Psicologia)
Nel corso del Novecento la teoria psicoanalitica di Sigmund Freud (1856-1939) è stata messa in discussione da più parti. Anche se oggi la psicoanalisi non occupa più il posto di rilievo che l'ha vista protagonista per molti decenni nel secolo scorso, dobbiamo riconoscerle il merito di avere modificato, in maniera permanente, il modo in cui gli uomini e le donne comuni interpretano se stessi e gli altri.
La psicoanalisi rappresenta infatti la prima grande teoria e pratica della "vita personale".
Dall'identità familiare all'inconscio individuale
I cambiamenti dovuti ai processi di industrializzazione e urbanizzazione hanno modificato il senso di identità dell'individuo, che fino ad allora verteva principalmente sul ruolo che occupava all'interno della famiglia, luogo primario della produzione e della riproduzione, prima dell'industrializzazione.
Lo sviluppo del capitalismo industriale, con la separazione tra ambiente di lavoro e ambiente familiare, permise alla famiglia di organizzarsi in modo nuovo e agli individui, di immaginare per sé identità extrafamiliari.
L'idea di un inconscio individuale elaborata da Freud rifletteva, in un certo senso, i cambiamenti in atto sul piano economico e sociale.
La teoria freudiana mette infatti l'accento sulla particolarità di ogni esperienza umana per i singoli individui, sull'elaborazione assolutamente personale dei vissuti, sulle dinamiche inconsce che influenzano lo sviluppo, le scelte e i comportamenti individuali.
La psicoanalisi come concezione antropologica
La teoria psicoanalitica è un modello complesso nel quale ritroviamo diverse proprietà. Freud stesso ha coniato il termine psicoanalisi per indicare:
- un procedimento per l'indagine di processi mentali;
- un metodo terapeutico;
- una disciplina scientifica;
La psicoanalisi costituisce quindi un modello teorico che propone una visione dell'uomo specifica e articolata, una concezione antropologica nella quale vengono sviluppati temi quali l'origine dell'Io e il rapporto tra l'individuo.
L'interpretazione dei sogni
Il testo che permette a Freud di farsi conoscere al grande pubblico è "L'interpretazione dei sogni" del 1899. Il libro preannunciava un nuovo modo psicologico interpersonale, non sottoposto a giudizi moralistici.
Dalle sue pagine traspaiono tutte le nuove tendenze emergenti in quella fine secolo: la separazione fisica dell'individuo dal suo tempo e spazio, la nuova ammissibilità della scarica istintuale, la forza esplosiva della sessualità, la costruzione di complessi mondi interiori non più riproducenti una realtà esterna.
Questa nuova modalità verra chiamata modernismo.
L'analisi di Freud tende a mettere in luce che, nelle situazioni quotidiane, elementi come i sogni, le dimenticanze e i lapsus sono comuni sia all'individuo sano sia a quello nevrotico: le modalità di funzionamento psichico sono le stesse.
Al sogno viene assegnato un ruolo fondamentale per l'esplorazione dell'inconscio, poiché costituisce una sua attendibile rappresentazione: è assurdo, illogico, incoerente, eppure è possibile, attraverso l'analisi, coglierne il significato e renderlo comprensibile. Durante il sonno diminuiscono le difese e la censura, che impedisce agli elementi rimossi di invadere la coscienza, si allenta; i contenuti inconsci si presentano così mascherati per non farsi riconoscere.
Il sogno è dunque il risultato di un compromesso: cerca di soddisfare i desideri inconsci seppur in modo allucinatorio, ma li trasforma per non renderli riconoscibili e farli accettare dalla coscienza.
Il sogno, rappresentazione dell'anima
L'analisi di Freud tende a mettere in luce che, nelle situazioni quotidiane, elementi come i sogni, le dimenticanze, i lapsus sono comuni sia all'individuo sano sia al nevrotico: le modalità del funzionamento psichico sono le stesse.
Al sogno viene infatti assegnato un ruolo fondamentale per l'esplorazione dell'inconscio, poiché costituisce una sua attendibile rappresentazione.
Durante il sonno diminuiscono le difese e la censura, che impedisce agli elementi rimossi di invadere la coscienza, si allenta; i contenuti inconsci si presentano così mascherati, per non farsi riconoscere.
Il sogno è dunque il risultato di un compromesso: cerca di soddisfare i desideri inconsci seppure in modo allucinatorio, ma li trasforma per non renderli riconoscibili e farli accettare dalla coscienza.
Il sogno, rappresentazione dell'anima
L'analisi di Freud tende a mettere in luce che, nelle situazioni quotidiane, elementi come i sogni, le dimenticanze, i lapsus sono comuni sia all'individuo sano sia al nevrotico: le modalità del funzionamento psichico sono le stesse.
Al sogno viene infatti assegnato un ruolo fondamentale per l'esplorazione dell'inconscio, poiché costituisce una sua attendibile rappresentazione.
Durante il sonno diminuiscono le difese e la censura, che impedisce agli elementi rimossi di invadere la coscienza, si allenta; i contenuti inconsci si presentano così mascherati, per non farsi riconoscere.
Il sogno è dunque il risultato di un compromesso: cerca di soddisfare i desideri inconsci seppure in modo allucinatorio, ma li trasforma per non renderli riconoscibili e farli accettare dalla coscienza.
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